Buona Settimana in rete

Pubblicato giorno 30 aprile 2020 - Home Page

PRIMO MAGGIO DEI LAVORATORI

Unisciti alla Veglia di preghiera con le diocesi del Piemonte

In tanti, in questo periodo, hanno ripensato alle parole di Camus: «Dal momento in cui la peste si fu realmente impadronita di tutta la città […] disorganizzò tutta la vita economica determinando un numero considerevole di disoccupati» (Albert Camus, La peste). All’inizio del libro, quando ancora la città non è consapevole di quello che sta accadendo, il dottor Rieux apre una finestra: «Il brusio della città si accrebbe all’improvviso. Da un’officina poco distante saliva il sibilo breve e ripetuto d’una sega meccanica, Rieux si scosse: là era la certezza, nel lavoro d’ogni giorno. Il resto era appeso a fili e a movimenti insignificanti, non ci si poteva fermare. L’essenziale era far bene il proprio mestiere».

Al di là del parallelo che si può facilmente costruire con un mondo, il nostro, che solo lentamente ha preso coscienza della gravità della situazione, mi pare interessante la conclusione di questo breve passo. Ma che cosa vuol dire oggi “far bene il proprio mestiere”?

Per qualcuno la perdita del lavoro è stata quasi immediata, per altri è scattata la cassa integrazione e altri ancora si chiedono se una volta passata questa ondata potranno tornare a lavorare. Che cosa significa dunque “far bene il proprio mestiere”?

Quanti settori, dai trasporti al commercio, dall’agricoltura al turismo, dall’edilizia alla cultura, sono stati toccati pesantemente! D’altro canto nelle città i riders fanno consegne con grande agilità lungo vie finalmente libere dal traffico, mentre nei nostri paesi si moltiplicano i furgoni dei corrieri: certamente Amazon ha visto crescere la domanda e le edicole sono tornate a vendere più giornali. E intanto, fra le poche attività lavorative salvaguardate, rimane quella della fabbricazione e commercializzazione delle armi. Ma che cosa vuol dire “far bene il proprio mestiere”?

Oggi certi negozi di paese o di quartiere – quelli che vendono generi alimentari – hanno riscoperto, dopo anni “di stenti”, una nuova vitalità. Sarà davvero il segno di un’inversione di tendenza, che ricostruisce nuovi rapporti di fiducia con i clienti? Che cosa significa dunque “far bene il proprio mestiere”?

Di sicuro negli ospedali (e nelle case di riposo) la generosità e l’impegno di tanti medici, infermieri e personale di cura hanno salvato tante vite, pagando con numerosi morti questa dedizione. Spesso abbiamo, anche giustamente, salutato questi operatori come degli eroi. A me piacerebbe che riconoscessimo in loro (semplicemente?) delle persone che sanno “far bene il proprio mestiere”: questo vorrebbe dire che, quando tutto sarà finito, potremo ripartire con un popolo che ha acquisito la consapevolezza di quanto sia decisivo che ognuno – dai politici agli insegnanti, dagli artigiani agli impiegati, dall’industria al terzo settore, torni a “far bene il proprio mestiere”!

Con un augurio, che i semi gettati qua e là nei solchi di questi mesi difficili – che hanno evidenziato una volta di più il divario tra chi ha i mezzi per comunicare, le risorse per vivere e le energie per reinventarsi spazi e attività e chi è più povero, fragile e solo – siano presagio di nuove germinazioni: “la solidarietà, la speranza e il senso di comunità che rifioriscono in questi giorni in cui nessuno si salva da solo” (Francesco, Messaggio ai Movimenti e alle Organizzazioni popolari, Pasqua 2020).

Vi invito a leggere, in vista del 1° maggio, festa dei lavoratori, il Messaggio dei vescovi italiani e il Comunicato della Commissione Piemontese della Pastorale Sociale “Sì al lavoro per la pace, no al lavoro per la guerra!”.

Propongo alla vostra lettura il anche Messaggio del papa per la Giornata Mondiale delle Vocazioni, che si celebrerà domenica prossima: in fondo, cos’è rispondere alla chiamata del Signore, se non “far bene il proprio mestiere”? Gratitudine, coraggio, fatica, lode sono le parole scelte dal papa per raccontare la vocazione: non possono anche aiutarci a interpretare il nostro lavoro di oggi?

don Luca